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Archivio Stagioni 2011-2017

Eventi 

Titolo Spettacolo:
Teatro In Viaggio - Lungo La Rotta Dei Migranti
Date Spettacolo:
08.06.2014
Compagnia - Regista:
Teatro Dell'argine - Pietro Florida
Categoria:
1 €uro Festival 2014

Descrizione

domenica 8 giugno - ore 21

copertina

 

LO SPETTACOLO
 
«E così partiamo
io (che tengo il diario di bordo)
il Gabo (incrocio tra un guerriero maori e uno chef parigino)
e il Lando (ammasso di ferraglia a forma di fuoristrada) 
da San Lazzaro (dove ha casa il Teatro dell’Argine) 
a Diol Kadd (villaggio del Senegal dove ha casa Mandiaye)
attraverso Marocco, Sahara occidentale, Mauritania e Senegal
sulle rotte dei migranti partiti dall’Africa verso l’Italia
sulle tracce di Zine, che dice aver perduto metà di sè nel deserto
di Mustafà stregato per tre anni dall’incantesimo del Caffè Hafa
di Issam musicista dalle dita di farfalla finito ustionato in una bettola di Barcellona
di Said che a piedi è giunto in Italia per amore...»
 
Teatro in viaggio è uno spettacolo teatrale che racconta le storie vere che in due mesi di viaggio Pietro Floridia, Gabriele Silva e il mitico Landone hanno raccolto in Africa.
Ma racconta anche le divertentissime avventure dei tre improbabili viaggiatori:
di quando il Lando voleva trasformarsi nel Titanic
di quando il Gabo ha imparato l’arabo per salvarlo dai predoni
di quando in pieno deserto le donne di un’oasi hanno fatto una colletta di olio di semi
per fare ripartire il Lando rimasto a secco
delle basi militari scambiate per giganteschi scogli
dei campi profughi saharawi
di cantori seppelliti nell’incavo degli alberi
di quanto un viaggio nello spazio possa trasformarsi in viaggio nel tempo
di quanto possono avere in comune chi fa teatro con chi si fa straniero.
 
NOTE
Lo spettacolo di narrazione Teatro in viaggio nasce da un vuoto, da una mancanza. Quella di Zine, ragazzo marocchino a cui sto insegnando a recitare, che mi dice: «come immigrati noi siamo un quasi, ci manca sempre qualcosa». E a me viene il desiderio di sapere che cosa manca a ragazzi come lui, che cosa hanno lasciato nel luogo da cui sono dovuti partire. Ma non è soltanto questo ciò che mi fa mettere in viaggio. È anche che nel suo non esserci mai completamente, nel suo sentirsi straniero, io specchio me stesso e la mia condizione di artista. Credo che anche l’artista, sovente, si confronti con una mancanza. Credo che i mondi che crea, spesso, altro non siano che i tentativi di riempire un vuoto.
Credo anche che rispetto alla società in cui vive, l’artista, se non lo è già, debba farsi straniero: soltanto restando un po’ fuori, può guardare il mondo dentro cui vive con lo sguardo straniato che talvolta consente di vedere e mostrare quanto nessun altro vede. Il viaggio serve a questo, e l’arte è un altro modo di viaggiare. I paesi che abbiamo attraversato, io e il Gabo, a bordo di Land Rover tutto scassato, sono stati Marocco, Sahara Occidentale, Mauritania e Senegal. Facevamo laboratori teatrali con le mamme, i fratelli, le fidanzate dei ragazzi emigrati, come Zine, a Bologna e che fanno parte della compagnia multiculturale del Teatro dell’Argine. Chiedevamo loro di scrivere storie; ci piaceva l’idea di un testo scritto a più voci, alcune delle quali in Italia, altre rimaste nei paesi di origine; ci piaceva l’idea che il testo teatrale che stava nascendo fosse una specie di “casa a mezz’aria” in cui persone, condannate a volte per tanti anni a restare lontane, potessero per un po’ coabitare, dialogare, fare incontrare all’interno di una storia i personaggi che man mano creavano. Ci piaceva pensare il nostro fare teatro e il nostro viaggio come una specie di ponte. È così che è nato il testo dello spettacolo Teatro in viaggio, ascoltando le persone raccontare la propria storia: così abbiamo conosciuto Issam, chitarrista bambino fuggito da Tangeri che ogni notte, da una baracca fuori Barcellona, continuava a parlare alla sua chitarra rimasta in Marocco, oppure Said che per amore ha fatto migliaia di chilometri a piedi, o la mamma di Mustafà che quando sentiva la mancanza del figlio guardava in tv un vecchio dvd in cui il ragazzo era in una squallida sala da boxe della banlieue parigina a dare e prendere centinaia di pugni in faccia...
Mescolate a queste storie, ci sono poi le divertenti avventure di tre viaggiatori atipici, io, regista sempre con il taccuino in mano, il Gabo, scenografo pazzoide misto tra un guerriero maori e un black block, e il Lando, una specie di carcassa viaggiante a forma di fuoristrada. E ci sono i nostri spaesamenti, il nostro viaggio all’interno di noi stessi, perché questo è il grande potere del viaggio: facendoti perdere i punti di riferimento della vita quotidiana, i ritmi, le abitudini, gli spazi noti, rimette in movimento l’intera materia interiore, la rimette in cammino. E così, più ci accampavamo sui crinali delle montagne dell’Atlante o sul bordo delle scogliere in Mauritania, o tra le dune del deserto del Sahara, più dentro di me riaffioravano i ricordi e le paure e i sogni di quando ero bambino. Perciò dico che quello è stato più che un viaggio nello spazio, un viaggio nel tempo, una specie di risalita fino all’origine, un piccolo villaggio del Senegal, Diol Kadd, una sorta di ombelico in cui il rapporto con gli antenati è così forte da dare la sensazione di appartenere ad un tempo ben più vasto di quello della vita individuale, un tempo non lineare, ma fatto di ritorni, come quello delle stagioni, del fiorire e del cadere dei frutti, un tempo circolare di cui i giganteschi baobab che ombreggiano la savana sono silenziosi, millenari sacerdoti.
 
Pietro Floridia
 
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Informazioni

Compagnia:
Teatro Dell'argine

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