Una donna sola, malinconica, visionaria, ripercorre con le parole situazioni personali, sospese in un'atmosfera per lei stessa indecifrabile, di realtà o pura invenzione. A tratti la donna ricorda di avere un altro ruolo, forse ancora una visione, nel quale impersona/incarna Ecuba, urlante il suo dolore tra le fiamme che devastano Troia. In una continua e doppia dissociazione dell'essere, prestando il proprio corpo allo spirito estremamente sconvolto della moglie di Priamo, la donna viaggia a forte velocità verso la completa solitudine, nella quale solo le sue invenzioni e le possessioni di Ecuba troveranno vita. Ambiente, luci, echi acustici e mnemonici, interpretazione, contribuiscono a far risaltare la suggestione e il lirismo della tragedia euripidea; musiche, oggetti e verbalizzazioni contemporanee richiamano al mondo della coscienza le impronte indelebili del classico e del mito che fortunatamente tracciano l'anima nelle nostre frammentazioni e solitudini metropolitane.
LA STORIA
La donna deve provare la parte di Ecuba per una futura rappresentazione tragica. Ecuba è la mitica regina di Troia, la seconda moglie di Priamo e madre di diciannove figli tra cui Ettore, leggendario eroe Troiano; sopravvissuta alla tragedia di Troia vive vicende dolorose che Euripide esprimerà con versi di alto lirismo.
La messinscena è tutta giocata sul contrasto tra quei momenti di grande pathos e la vena grottesca che si insinua nelle pieghe della storia.
L’attrice, che si cimenta col teatro tragico, è nella vita di tutti i giorni un’oscura commessa di polleria. La recitazione è per lei una liberazione, la fuga dall’oblio a cui è condannata.
FOTO DI NICOLA CASTANGIA |
Akròama
Lista eventi in programma al Teatro delle Saline